Pronti, (RI)-partenza, via!

Premesse per il commercio al dettaglio che nei prossimi giorni riaprirà i battenti.

L’abbiamo implorata, gridata a gran voce, desiderata come il pezzo di cioccolato dopo cena. Le abbiamo attribuito il significato della salvezza, del respiro, della libertà. Oggi, 4 maggio è il giorno della ripartenza.

Come per molti, anche per me il lock down ha significato trasferire l’ufficio in casa. Ben presto è diventato imminente la necessità, per molto tempo rinviata, di acquistare una stampante. Nella scelta del rivenditore l’etica ha prevalso sul riparmio. Ho quindi deciso di attendere la riapertura del negozio locale, rinunciando alla varietà di scelta del negozio online e decidendo che il piccolo sovrapprezzo che avrei pagato, sarebbe per me stato un compromesso accettabile per aiutare l’economia locale. La mia esperienza di acquisto è stata deludente: il commesso non conosceva le specifiche delle stampanti esposte e una volta fatta la scelta, mi ha consegnato il cartone con il prodotto errato, cosa della quale mi sono resa conto una volta arrivata a casa. Ho dovuto quindi ritornare al negozio, attendere nuovamente il mio turno per poter cambiare l’articolo.

Voglio partire da questo esempio, per porre l’attenzione su alcuni fondamentali aspetti che non devono essere trascurati dalle realtà economiche locali in questo delicato momento di riapertura.

Aspettative

Numerosi sono gli appelli comparsi sui social nelle settimane trascorse che invitavano i consumatori a non cedere allo shopping compulsivo online a favore dell’acquisto nel negozio reale, una volta riaperte le serrande.

Questo tipo di comunicazione crea inevitabilmente delle aspettative nel consumatore sensibile alla tematica: soddisfare la sua esigenza di tipo sociale (ovvero mantenere vivo il centro città e sostenere l’economia locale) accettando peraltro il compromesso del fattore economico e soddisfare il suo bisogno funzionale (ovvero ricevere un servizio migliore, rispetto al canale online, in relazione al prodotto acquistato).

Attenzione al target

Non a caso nel titolo ho diviso la parola RI-partenza. Di fatto non ci troviamo a riprendere da dove avevamo lasciato. Questa fase 2 è una nuova partenza che richiede di porsi alcune delle domande tipiche all’avvio di un’attività. Chi sono i nostri clienti? Sono gli stessi di 2 mesi fa? Come è cambiata la composizione del nostro del nostro target e di conseguenza, come sono cambiate le abitudini di acquisto?

È necessario riflettere sull’identità del nostro potenziale cliente e ricercare quali siano i suoi bisogni. Specialmente nelle località turistiche, questo è un punto di importanza vitale. È evidente che per alcuni mesi il bacino d’utenza sarà quello locale.

Il compito della vendita al dettaglio

Il compito della distribuzione al dettaglio è carpire le nuove necessità del cittadino ed offrirgli un servizio utile. È necessario fare uno sforzo per immedesimarsi nei panni del cliente e per fare ciò, bisogna liberarsi in parte dalle vecchie abitudini consolidatesi nel tempo. Elenchiamo di seguito alcuni punti che andranno obbligatoriamente considerati:

Esserci quando il cliente ha tempo

Le misure restrittive hanno fatto ricadere molte attività sulla famiglia: come accudire i figli per tutto il giorno o curarsi di famigliari non autosufficienti e hanno reso operazioni banali come la spesa o il viaggio in discarica dei viaggi interminabili. Cerchiamo quindi di rendere l’esperienza di scelta e di acquisto semplice e rapida.

Proporre orari di consulenza privata in un momento in cui ogni operazione della giornata ha tempi imprevedibili, potrebbe essere poco utile. Impegnarsi a rispettare un orario per fare shopping potrebbe diventare una fonte di stress per il nostro avventore.

È da auspicare piuttosto una maggiore flessibilità negli orari di apertura, cosa che avvantaggerebbe molto i piccoli commercianti, i quali per natura sono più flessibili delle grandi catene di distribuzione.

Far risparmiare tempo al cliente

Si nota di fatto già come i piccoli negozi di alimentari stiano vivendo un incremento delle vendite. Secondo Nomisma, sono stati riscoperti in questo periodo dagli italiani dopo una lunghissima fase di abbandono: nelle tre settimane a cavallo tra marzo e aprile, la quota di utenti è passata dal 40 al 54% contro una contrazione degli utenti dei supermercati, scesi dal 67 al 48%.

Questo è in parte riconducibile al fatto che i supermercati presentano lunghe code all’ingresso ed il consumatore preferisce rivolgersi al piccolo negozio di quartiere per gli acquisti giornalieri. Il fenomeno delle code tenderà ad aumentare con la ripresa del lavoro e vedrà importanti picchi nelle ore serali e nei fine settimana.

Offrire beni di prima necessità, piccoli utensili, cartoleria ecc. può diventare in un momento come questo una scelta vincente!

L’eccellenza nel servizio e nella consulenza

Un buon servizio al cliente è quello che maggiormente può distinguere il negozio fisico da quello online e dalle grandi catene. Questa regola d’oro è sempre vera. Oggi più che mai deve essere il requisito irrinunciabile di ogni piccola attività di commercio, artigianato o ristorazione.

Il cliente locale insoddisfatto non concede una seconda possibilità. Non ne ha bisogno, può trovare la maggior parte dei prodotti su altri canali.

È compito delle realtà locali fornire una consulenza dedicata, competente, personale ed offrire un servizio clienti efficiente e funzionale. Bisogna tenere presente che un servizio “ad personam” è ciò che la grande distribuzione non può sviluppare. Si ripensino le politiche di reso, si rendano la restituzione e la sostituzione degli articoli semplice e veloce.

Da non sottovalutare il trend del riuso, in crescita, che strizza l’occhio in particolare ai piccoli artigiani.

Garantire l’igiene

Proprio oggi, dal panettiere la commessa ha inserito nel sacchetto del pane fresco, la ricotta confezionata che avevo prelevato dal frigo. Errori del genere vi potrebbero costare cari.

L’importanza dell’igiene in questa fase è innegabile. Sarà fondamentale garantirla in modo pratico ed efficiente. Il cliente apprezza la sicurezza. Di seguito alcune indicazioni:

  • Se avete previsto dei comportamenti particolari che aiutino a preservare l’igiene nel vostro esercizio, informate cortesemente il cliente al suo ingresso.
  • Prestate molta attenzione al check out, momento in cui il cliente vi osserva scrupolosamente e nel quale avviene lo scambio di oggetti (prodotti, soldi, carte). Evitate di toccarvi il viso e di manipolare denaro senza disinfettarvi le mani.
  • Date informazioni in modo cortese: è giusto richiamare, gentilmente, il cliente che non stia rispettando le norme igieniche di base. Non dimenticate di formare il vostro personale! In queste situazioni sensibilità e gentilezza devono avere la priorità.

Curare esposizione ed assortimento

Con i primi via libera, i centri storici sono affollati di cittadini che non solo non si possono muovere al di fuori del comune, ma sono affamati di novità. Curiosi. Bisognosi di svago. È essenziale in questa fase curare maggiormente le vetrine, cercando di attirare l’attenzione del passante che di fatto non è distratto dal raggiungimento di una meta e quindi più incline a fermarsi ad osservare.

Fermarsi a pensare se sia il caso di razionalizzare l’assortimento, senza perdere il proprio posizionamento e la propria identità è importante in questa fase. Non è necessario che tutti vendano il gel disinfettante, si cerchi piuttosto, ove possibile, di modificare l’assortimento in base a come è cambiato o cambierà il pubblico dei nostri avventori.

Locale non è il contrario di digitale

Il COVID 19 ha dato inizio alla rivoluzione industriale digitale. Anche i più restii tra i vostri clienti avranno probabilmente fatto il grande salto. Imperativo: stare al passo con i tempi!

Potrebbe essere interessante l’integrazione della consulenza online con il ritiro nel negozio fisico. Questo tipo di attività non necessita di una piattaforma di e-commerce, ma può essere fatta semplicemente via e-mail. In questo modo si garantisce la consulenza personalizzata nei tempi e nei modi scelti dall’utente, il quale potrà consultare la vostra offerta comodamente dopo cena sul divano.

Altra possibilità, sempre se non si desidera intraprendere il commercio online è l’affiliazione a gruppi di distribuzione locale che dispongono di piattaforme online, in grado di distribuire i vostri prodotti in cambio di una commissione.

Attenzione a cosa e come comunichiamo

Il cambiamento deve essere comunicato, è fondamentale far sapere all’interlocutore quali siano le novità rispetto a prima della fase 1: Cosa offriamo che prima non c’era?

Attenzione però a rimanere sempre fedeli alla propria identità: è essenziale mantenere uno stile di comunicazione coerente con il proprio brand.

Conclusione

Questa fase 2 è una grandissima opportunità per le realtà economiche cittadine, che di fatto si trovavano, già prima del lock down, in uno stato di profonda crisi di indentità. (vedi il mio articolo Le piccole attività commerciali temono le ripercussioni di Covid19).

La reclusione della popolazione entro i confini locali deve essere sfruttata al meglio dalle piccole aziende del retail, che possiedono grande flessibilità e spirito di intraprendenza. E’ di vitale importanza non incappare in errori grossolani, dettati dalla troppa fretta di ripartire. Fermarsi e chiedersi come vogliamo PARTIRE è in questa fase fondamentale in un nuovo inizio.

Le 4 domande che le realtà locali del retail dovrebbe porsi prima di (Ri)alzare la saracinesca.

Mi sono preparato alla riapertura cercando di capire come adattare il mio modello di vendita alla nuova realtà?

Cerco di individuare costantemente le esigenze dei miei clienti? In quale modo posso essere loro utile?

Ho pensato a come formare ed informare i miei collaboratori?

Ho individuato le modalità ed i messaggi della comunicazione destinata ai miei potenziali clienti?

Fonti:

https://www.repubblica.it/economia/2020/04/06/news/coronavirus_battuta_d_arresto_per_i_supermercati_vola_l_ecommerce_riprendono_quota_i_negozi_di_quartiere-253266475/?refresh_ce

Brand reputation management e customer journey : l’equilibrio tra mondo digitale e reale.

Una riflessione su come COVID stia guidando l’innovazione digitale in Italia.

LA FORZA DELL’EMERGENZA CHE SPINGE IL CAMBIAMENTO.

Ci troviamo alla quarta settimana di distanziamento sociale e abbiamo constatato come lo stato di necessità abbia spinto molte aziende a trovare soluzioni rapide ed innovative per mantenere i posti di lavoro, banalmente lo smart working.

La nostra quotidianità è traslata all’interno di uno spazio chiuso, questo spinge il consumatore a rivolgersi al mondo digitale per far fronte alle proprie esigenze quotidiane. Questa situazione di emergenza sta avvicinando al digitale anche quelle categorie di persone che fino ad ora pensavano di poterne fare a meno.

LA CUSTOMER JOURNEY OGGI È DIVERSA

Secondo uno studio recente della società inglese Forrester consulting, che si è occupata di esaminare il ruolo della ricerca di informazioni online nel processo d’acquisto, è emerso che l’81% dei consumatori fa una ricerca online prima di procedere ad un acquisto rilevante. Il 71% di questi lo fa attraverso un motore di ricerca. Il 90% dei consumatori continuano ad affidarsi al web per rispondere alle domande lungo l’intera customer journey.

In condizioni normali la customer journey varia tra punti di contatto digitali e reali. Nel caso ideale il cliente viene guidato attraverso i vari punti di contatto, che sono allineati tra loro e hanno delle caratteristiche che rendono riconoscibile il marchio. L’insieme delle esperienze, positive e negative, del consumatore nei vari momenti definisce la reputazione che il cliente attribuisce al marchio.

Nella realtà odierna, il cliente si è ritrovato sul binario dell’acquisto online con un biglietto per la customer journey digitale.

MA COSA SIGNIFICA QUESTO PER LE AZIENDE?

Per le aziende questo significa che il consumatore invece di passeggiare in città o al centro commerciale, sta passeggiando nel web. Si guarda attorno e si ferma ad osservare qualche vetrina. Le vetrine del Web sono le varie piattaforme: Google, Yell, Amazon Alexa e la home page dell’azienda, le quali rispondono a tutte le curiosità e richieste del cliente.

Ma siamo proprio sicuri di sapere quali siano le risposte? Uno studio di Yext, società che si occupa di monitorare la qualità delle informazioni online dei suoi clienti, condotto su 400 direttori marketing negli USA , riporta che in media solo il 35% delle informazioni presenti online rispetto al proprio marchio, siano corrette.

Solo il 35% delle informazioni presenti online rispetto al proprio marchio sono corrette.

Questo radicale cambiamento mette in evidenza quanto sia importante tenere aggiornati i dati presenti sulle nostre home page.

Diventa quindi di vitale importanza dedicare risorse al tema del content online, facendo estrema attenzione a non concentrare troppe energie nello sforzo di raccontare l’azienda dall’interno, in modo autoreferenziale, rischiando di dimenticarsi il punto di vista del cliente.

C’è dell’altro. Il web è disseminato di informazioni non corrette o addirittura false. Ipoteticamente un’azienda potrebbe aver disseminato il web con informazioni scorrette su un prodotto di un concorrente, associandole a parole chiave usate dai suoi potenziali clienti.

L’IMPORTANZA DELLA VOCE DEL CLIENTE.

Sempre Yext ha verificato che l’82% delle risposte a domande comuni fatte ad assistenti vocali come Amazon Alexa e Google Assistant, su 500 aziende scelte da Forbes, prendono le informazioni da siti non gestiti dal brand. Questo espone il marchio a distorsioni nella scelta d’acquisto del cliente, ma cosa ancora peggiore è la possibile perdita di una quota di mercato senza conoscerne il motivo.

l’82% delle risposte a domande comuni fatte ad assistenti vocali prendono le informazioni da siti non gestiti dal brand.

Un’indagine di review trackers del 2018 ci dice che il 63.6% dei consumatori cerca delle recensioni online prima di effettuare un acquisto. Principalmente si rivolge a Google o a Facebook, ma il web è disseminato di piattaforme che offrono libero sfogo all’opinione di tutti. Pur essendo la pratica della recensione in aumento anche tra i clienti che desiderano raccontare un’esperieza positiva, rimane comunque più probabile che un cliente deluso si sfoghi sul web.

Secondo le statistiche oltre la metà dei consumatori si aspetta una risposta entro una settimana. Ma solo il 47% riceve una risposta.

Per il consumatore una risposta ragionevole può appianare frustrazioni, cambiando la percezione della sua esperienza e radicando in lui una opinione positiva sul marchio. Viceversa, un cliente deluso e non ascoltato è con ogni probabilità un cliente perso.

Il compito delle aziende si fa quindi più complesso, rendendo necessario monitorare la voce del cliente anche quando questa viene espressa su pagine non gestite direttamente.

Recensione gestita sul proprio canale FB

La grande incognita dei prossimi tempi è se la customer experience digitale possa ancora essere gestita ed il cliente accompagnato dal Brand che egli acquisterà, o se questa finirà inevitabilmente nelle mani di qualcun altro?

LA REALTA’ DI OGGI

Le risorse investite nei punti di contatto da parte delle aziende, che non vendono esclusivamente online, erano fino ad oggi suddivise tra digitale e reale. Se a questo aggiungiamo il gap digitale presente tra l’Italia e i paesi di riferimento come USA, Germania e Uk, capiamo bene che essere catapultati improvvisamente e violentemente in una realtà dove il percorso che porta il cliente all’aquisto si svolge prevalentemente online, diventerà una grande sfida per le nostre aziende.

Chissà che non sia COVID 19 il vero motore dell’innovazione digitale tricolore.

Fonti:

Le piccole attività commerciali temono le ripercussioni di Covid19.

Come puntare sull’identità delle nostre città, potrebbe guidarci verso un futuro sostenibile.

Le botteghe, i negozi, la ristorazione e gli alberghi hanno chiuso le serrande ormai 14 giorni fa. Se è vero che alcuni commercianti hanno intrapreso iniziative istituendo in pochissimi giorni piattaforme di E-commerce locale, è vero anche che ci sono categorie come bar, negozi di abbigliamento, artigianato, gioiellerie ecc. che stanno attendendo il via per ripartire. Non ci è ancora possibile sapere quando, ma il come diventa giorno dopo giorno l’incognita più grande.

Certamente le catene multinazionali hanno accesso a livelli di liquidità differenti, dipendenti con contratti flessibili e strutture organizzative che conferiscono loro un sensibile vantaggio in questo momento. Le attività locali invece, che sono in genere gestite da famiglie che ne traggono spesso l’unica fonte di reddito, si trovano ora più che mai in grossa difficoltà.

Queste attività famigliari e locali sono il carattere distintivo dell’Italia nel mondo e rendono dunque competitive sul mercato le nostre realtà locali.

Da molto tempo si discute dell’importanza di fare acquisti a livello locale, per supportare l’economia delle nostre cittadine. È altresì innegabile, che la sopravvivenza delle attività commerciali non possa basarsi solamente sulla buona fede e sulla solidarietà del cittadino, che di fatto è ormai inserito in un sistema di commercio globale che gli permette di ottenere qualunque prodotto in tempi molto ristretti e a prezzi vantaggiosi.

Ho l’impressione che si stia giocando una partita sul campo da gioco sbagliato. Di fatto, i commercianti dei nostri centri storici non devono essere messi sullo stesso piano dell’e-commerce. È come se si disputasse una partita di calcio tra il Barcellona e una squadra di Lega Pro. Risorse, obiettivi, dimensioni ma anche problematiche sono completamente differenti.

Ma su cosa possono quindi puntare i nostri centri? Il problema si poneva già prima di COVID19, in quanto il modello commerciale delle nostre piccole città è lo stesso che ha avuto tanto successo negli anni 90 ma che era già in forte crisi prima del Coronavirus e rischia ora di subire un colpo di grazia.

Uno studio pubblicato il 20 febbraio 2020 da Confcommercio, che trovate cliccando qui, ha analizzato la crescita delle attività commerciali in 120 comuni italiani medio grandi dal 2008 al 2019. In media sono cresciuti del 16.5% gli alberghi, bar e ristoranti, ma sono diminuite del 2% le altre attività commerciali cosiddette in sede fissa. Le attività commerciali straniere sono passate dal 10,7% al 13,9%.

Questo significa che stiamo progressivamente perdendo la tipicità ed i caratteri distintivi che hanno reso uniche nel mondo le nostre città, perché chiudono i negozi di artigianato, di prodotti tipici e le boutiques dal carattere famigliare, va perso il calore del rapporto personale con il negoziante e va persa anche la tradizione.

Come si evince dalla tabella di Confcommercio in basso, il potenziale declino dei centri storici si basa principalmente su due fattori: il decremento della popolazione e la chiusura dei negozi in sede fissa. Lo scenario peggiore che si prospetta è la desertificazione commerciale ed il disagio sociale.

È evidente che sia quindi, al più presto, necessario un forte cambio di paradigma per far rifiorire i nostri centri non solo come destinazioni turistiche, ma anche come luoghi del benessere dei cittadini. È doveroso ripensare il modello futuro sul quale costruire il successo, per dar vita ad una strategia di lungo termine. Un nuovo risorgimento per le nostre cittadine che tanto hanno da raccontare, che parta dalla riflessione sul posizionamento futuro. Essa non può prescindere dal tema centrale per il successo di ogni destinazione, ovvero la differenziazione.

È necessario per questo scopo definire un processo collettivo nel quale siano coinvolte tutte le parti ed i portatori di interesse delle comunità locali, che permetta di identificare aree di intervento bilanciate a livello economico e sociale e che consenta di raggiungere un alto livello di condivisione all’interno delle comunità. È di fondamentale importanza che la visione futura venga condivisa e vissuta su larga scala dall’amministrazione pubblica, dalle realtà economiche, dalle istituzioni culturali, ma anche dai cittadini.

Il Covid ci potrebbe offrire delle opportunità nuove: il post quarantena vedrà i cittadini affamati di vita sociale, normale, famigliare e cittadina. Giochiamoci questa partita in casa, abbiamo tutte le carte in regola per vincerla!

Vi segnalo qui un’iniziativa di un piccolo imprenditore Altoatesino, Benjamin Profanter, che sta raccogliendo crescenti adesioni tra di commercianti, che in questo momento hanno potuto puntare sull’ecommerce locale: Bringz.com.


	

Nel nome dell’emergenza sanitaria, l’Italia si è fermata.

Ma in quale direzione andrà una volta ripartita?

Lo stato di fatto è che ci troviamo in piena emergenza sanitaria. Tutte le misure attualmente messe in campo servono ad arginare l’incendio COVID-19. Proprio così misure, misure restrittive, misure accettate dalla collettività che sventola arcobaleni e tricolori e dai balconi grida “andrà tutto bene”.

Mentre il governo italiano stanzia 25 Miliardi, (la Germania ne stanzierà 150 per il suo paese), per immettere un po’ di ossigeno nei polmoni della Penisola, segnata già da una crescita nulla e da un’economia stagnante, è lecito chiedersi: ma qual è la STRATEGIA?

Una Strategia di medio lungo termine è fatta da una serie di misure coordinate, definite in base a determinate aree di intervento, misurabili e volte a raggiungere un obbiettivo comune.

Quali sono le altre aree di intervento oltre all’emergenza sanitaria? Quali sono le azioni che si susseguiranno dopo questa prima fase? Su cosa potranno contare le imprese, i commercianti ed i liberi professionisti che trainano l’Italia?

Pexels.com

Non basta più sperare in uno sforzo di creatività all’Italiana, per intenderci quello dei fasti del dopoguerra, che ci riporterà miracolosamente a galla. COVID sta cambiando il paradigma dell’economia mondiale, le nostre imprese, motore dell’economia, hanno bisogno di certezze per potersi rinnovare, per poter cambiar rotta, per continuare ad innovare e guardare al futuro.

Il paese Italia ha bisogno di una strategia che vada oltre al sensazionalismo, altrimenti siamo sicuri che andrà tutto bene?

Come reagisce il negozio di abbigliamento moderno alla concorrenza online? Opportunità di digitalizzazione.

Il caso delle cabine virtuali OAK LABS per Ralph Lauren.

I negozi di abbigliamento oggi soffrono più che mai della concorrenza online. È possibile che la digitalizzazione offra opportunità inaspettate?

Secondo un recente articolo di digitalcommerce360.com, che trovate cliccando qui, gli acquisti del canale dettaglio effettuati online ammontano al 16% del totale negli USA e al 9% in Germania, paese che guida la classifica europea.  Secondo le previsioni il tasso di crescita subirà un sensibile arresto nei prossimi anni, come riportato dalla tabella qui in basso.

Fonte: https://www.emarketer.com/content/germany-ecommerce-2019

Dal report di Postnord, che trovate qui, emerge che in Italia gli articoli più acquistati in rete sono: abbigliamento e calzature, seguiti da elettrodomestici e libri.

L’ECommerce in Italia è molto popolare nelle aree urbane, mentre risulta poco utilizzato in quelle rurali. Inoltre, rispetto al resto d’Europa, in Italia la lingua inglese è ancora poco diffusa. Questi fattori contribuiscono ad una crescita sensibilmente inferiore dello shopping online nel nostro bel paese rispetto al resto d’Europa.

Inevitabilmente, la mole degli acquisti virtuali è comunque destinata ad aumentare. Ma qual è lo spazio nel quale saranno destinati a muoversi i negozi reali? Siamo sicuri che le due realtà non possano convivere senza cannibalizzarsi?

Per guardare al futuro, è necessario osservare il passato per trarne insegnamento, mantenendo i fattori che hanno portato al successo ed individuando comportamenti dannosi che vanno abbandonati.

L’approccio adottato dai negozi di abbigliamento sembra essere rimasto praticamente lo stesso negli ultimi 80 anni. I loro clienti hanno invece cambiato radicalmente i loro comportamenti e le loro aspettative rispetto allo shopping, che oggi avviene anche via internet e smartphone. Mentre in passato la reperibilità dei prodotti a livello locale e la varietà dell’assortimento giocavano un ruolo decisivo, oggi è l’esperienza d’acquisto del cliente a fare la differenza.

Healey Cypher CEO di OAK LABS alla fiera mondiale Nano 2017, ha spiegato come il cliente digitale di oggi che si informa in rete prima di effettuare l’acquisto, al quale venga data la possibilità di vivere ulteriori esperienze interattive quando si reca nel negozio fisico, acquisti in media un numero di articoli più alto del 68% e generi il 40% di fatturato in più rispetto al cliente tradizionale.

Ralph Lauren ha raccolto la sfida di digitalizzare le boutique di moda nel 2015. Insieme alla start-up americana OAK LABS è stato costruito il primo Interactive Dressing Room, ovvero uno spogliatoio interattivo. Alla base del cambiamento l’unione tra il modello di successo storico della boutique, ovvero la consulenza personale, con il mondo digitale. Obiettivo, offrire ai clienti la semplicità dello shopping online, arricchito da un servizio personalizzato e da un’entusiasmante esperienza in negozio.

La cabina, che riconosce automaticamente i capi portati all’interno è dotata di un touch screen integrato nello specchio, che può essere utilizzato per regolare la luce ed i suoni. L’interfaccia mostra al cliente quali altri colori e taglie siano disponibili in negozio per i capi presenti in cabina e propone delle possibili combinazioni. La selezione dei capi scelti può essere richiamata attraverso lo specchio in pochi secondi e viene inoltrati con un “click” al commesso che la riceve tramite un tablet. Questo, dice Cypher, garantisce l’attenzione immediata del venditore che, grazie alla panoramica delle preferenze del cliente, può offrire una consulenza efficiente, personale e su misura.

Inoltre, il tempo medio di attesa in cabina per ricevere il capo desiderato è ridotto da 6,15 a 1,39 minuti, un miglioramento significativo per il cliente, per il quale la velocità e la semplicità sono gli elementi più rilevanti nel giudicare la propria esperienza d’acquisto. Nel caso il cliente voglia prendersi del tempo per decidere di acquistare in un secondo momento, potrà salvare la selezione sullo smartphone utilizzando il codice QR proposto sullo specchio, semplificando ulteriormente il momento d’acquisto.

Secondo l’indagine effettuata durante la sperimentazione, questa nuova opportunità all’interno del negozio migliora l’esperienza d’acquisto del cliente in media del 59%, grazie ad una consulenza più personalizzata, più rapida e semplice.

Secondo questo esperimento si osserva come la tecnologia possa addirittura rafforzare il modello di successo storico del negozio fisico, ovvero il lato umano della customer experience.